lunedì 10 luglio 2017

Il pranzo della trebbiatura nelle Langhe

Rispettando precise regole economiche, ogni famiglia di contadini aveva il suo campo di grano. A fine giugno si organizzavano le squadre di mietitori che, armate di falce, aprivano la sequenza delle fatiche finali che sarebbero culminate con la trebbiatura. I covoni di frumento, ordinati in mucchi a croce (capale e capalòt) fra le stoppie dei campi, attendevano l’arrivo della macchina da bate, quella trebbiatrice lunga e infernale che trovava spazio soltanto negli ampi cortili in comunione delle borgate e dei cascinali. In paese, vuoi per l’esiguità delle corti, vuoi per la strettezza delle stradine, la trebbiatrice s’installava nella piazza dei fossati e lì rimaneva per giorni e giorni, ronfando continuamente, con piccole soste notturne per il breve riposo dei paiarin (gli uomini addetti alla macchina il cui nome, però, deriva da paglia). Nell’aria calda e afosa di luglio nugoli di polvere e di pula urticante colpivano gli uomini che gettavano, dall’alto delle borle (pagliai di messe), i covoni gonfi di spighe nella pancia della trebbiatrice, oppure allontanavano dall’imballatore le balle quadrate di paglia (balòt). Vicino al trattore a testa calda s’allineavano i sacchi colmi di chicchi di frumento tenuti sotto controllo dallo sguardo vigile del padrone della messe.La grande fatica e la gioia del pane assicurato per l’anno a venire dovevano essere lautamente ricompensati e festeggiati con un pranzo fresco, sostanzioso e non pesante, perché i paiarin dovevano riprendere il lavoro e i contadini aiutare il vicino. Già alla vigilia le donne di casa preparavano i pomodori ripieni e il dolce; l’orto era prodigo di verdure e nel pollaio la gallina predestinata attendeva da giorni la sua fine.
In questo disné ‘d bate ‘l gran, meno frugale dell’originale, propongo alcuni piatti della memoria. In apertura, i caponét e la lingua in giardino, serviti entrambi tiepidi; poi la minestra ‘d bate ‘l gran assolutamente necessaria per pulire la gola arrossata dalle polveri della trebbiatura; di seguito il pollo alla Marengo. Vivande di cui rimangono labili tracce. Si prosegue ancora col coniglio di Ginòta e si chiude col bonèt e le pesche ripiene.
(fonte Langhe.net) 
Ecco che ho riprodotto tre portate di questo disné così suggestivo 
LA MINESTRA 'D BATE 'L GRAN
un litro abbondante di brodo di carne, 200 g di fegatini di pollo, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro, 1 cipolla media, olio, sale, 150 g di pastina all'uovo ( anticamente si usava la rottura dei tajarin) 
affettate sottile la cipolla e fatela appassire nell'olio in una tegame basso. Unite i fegatini tagliati a pezzettini, salate a gusto e portate a cottura. 


Unite poi il concentrato di pomodoro e rimescolate bene
Mettete al fuoco il brodo di gallina (o di manzo) e quando bolle, calate i fegatini col loro intingolo




Successivamente aggiungere la pastina  (se si usano i tajarin spezzarli con le mani)



Dopo 3 minuti di cottura servire in tavola caldissima

CONIGLIO DI NONNA GINOTA

Un bel coniglio pronto per la cottura che andrà disossato e verranno utilizzate solo le parti più nobili e carnose (cosce posteriori e sella) 
un uovo
pangrattato
sale
olio per frittura 
brodo di gallina

Se il coniglio è ruspante, avrà un gusto di selvatico più pronunciato, quindi bisogna fare un pretrattamento con aceto e acqua.
un bicchiere di aceto, 
mezza cipolla
2 spicchi di aglio
un rametto di rosmarino 

Mettete le parti del coniglio disossate in una terrina coprendole di acqua. Aggiungete l'aceto e gli altri ingredienti tagliati a fettine e lasciate marinare per 15 minuti.
Dopodichè asciugate bene la carne e ricavatene delle bistecchine
Passatele nell'uovo sbattuto e poi  nel pangrattato 
 

Friggetele in abbondante olio  e poi scolatele bene sulla carta assorbente . Mettetele in un coccio basso e largo (dianet) o in mancanza di esso in un tegame capiente e versatevi mezzo litro circa di brodo caldo, coprendole senza esagerare.
Lasciate cuocere per una mezz'ora fino a che il brodo si sia ritirato




Servite subito




PESCHE RIPIENE 

  • dieci pesche di vigna
  • tre cucchiai di zucchero
  • cinque amaretti
  • due tuorli d’uovo
  • due cucchiai di cacao
  • quattro gherigli di pesca
  • burro
Lavare e tagliare a metà le pesche senza sbucciarle, col cucchiaio asportare il nocciolo e una parte della polpa e tenerla da parte. 



Mettere la polpa nel tagliere e tritarla insieme agli altri ingredienti (uova, amaretti, cacao zucchero e la armellina di quattro noccioli) .
 
Con questo impasto riempire il centro della pesca e poi spolverare con un po' di amaretto tenuto da parte



POsare un fiocchetto di burro su ogni mezza pesca e infornare
in una teglia di terracotta unta di burro in forno moderato per circa un'ora



si servono calde o tiepide mai fredde 


Nessun commento:

Posta un commento