mercoledì 4 maggio 2016

Lezione sulla pasta lievitata dello chef Davide Berti



RICERCHE SULLA MICROFLORA NATURALE DEGLI IMPASTI ACIDI PER LA LIEVITAZIONE

E’ noto che i processi di lievitazione, nella panificazione, sono riconducibili a due tipi fondamentali un primo, con impiego soprattutto industriale, in cui si utilizza un inoculo costituito da colture selezionate denominate “lievito di panificazione”, “lievito compresso” o “lievito di birra”. Un secondo tipo invece , in cui si ricorre all’aggiunta di una larga quota di impasto lievitato naturalmente è detto, per le sue caratteristiche chimiche “lievito acido” è “l’impasto acido”.
Quest’ultimo tipo è adottato nella preparazione casalinga o artigianale o anche industriale dipani regionali (es.toscano e pugliese), di pane di segale e di alcuni prodotti dolciari (es.panettonebrioches). Dal punto di vista microbiologico, il primo tipo è caratterizzato dalla presenza preponderante, se non esclusiva, del Saccharomyces cervisiae ed il secondo da una più svariata microflora derivata dalla farina, dall’acqua e, in senso lato, dall’ambiente, che è stato oggetto di diversi studi.
Castelli; dall’esame di 50 lieviti casalinghi, ha ritrovato, tra gli Eumiceti,S.ellipsoideuscostantementeTorulopsisMycotorula e Mycoderma accidentalmente; inoltre, tra gli SchizomicetiBacillus mesentericus e una nuova specie di coliforme denominate Aerobacter proteiformis. Sugihare et al. hanno studiato le paste acide provenienti da 5 diversi panifici di San Francisco e vi hanno ritrovato due specie di lieviti classificati comeS.exiguus e S.inusitatus nonché lattobacilli eterofermentati. Ricercatori tedeschi (3-4) hanno isolato, da paste acide, avariati lattobacilli con prevalenza di Lactobacillus plantarum e brevis e hanno impiegato con successo, in preparazioni sperimentali, L. fermenti e l’Pedicoccus acidi lactis. Pyler, infine ha ritrovato, in starters liquidi per panificazione, una microflora dominante costituita, a seconda del substrato, da Aerobacter e B.subtilis oppure daPseudomonas e Micrococcus.
Nell’ambito di un piano di ricerche sulla tecnologia della panificazione si è iniziata un’indagine sulla microflora delle paste acide che vengono impiegate per la lievitazione del panettone. Lo studio si è limitato, per il momento, ad una indagine sulla composizione microbiologica della “madre” e della prima “girata”, quando ancora l’impasto è costituito solamente da acqua,farina e lievito. La ricerca è stata eseguita su “livelli acidi” prelevati in 5 diverse lavorazioni effettuate presso una industria artigianale milanese di panettoni; i prelievi sono stati effettuati sulla “madre” e nel corso della prima “girata”. La composizione quali-quantitativa della flora microbica è stata accertata mediante conta in terreno SOBA per i batteri lattici, in brodo di carne per i coliformi e in agar malto per i lieviti.
Le colture isolate sono state identificate con i metodi di Sharpe e Fryer per i batteri lattici,ButtiauxBeerens e Tacquet per i coliformi e Lodder per i lieviti.

FENOMENI E RISULTATI FERMENTATIVI DELLA LIEVITAZIONE

La microflora della pasta acida impiegata per la lievitazione del panettone (“madre” e prima “girata”), è risultata costantemente composta da almeno due forme: un lievito, identificato comeSaccharomyces exguus, responsabile della lievitazione vera e propria, ed un batterio lattico eterofermentante, ascrivibile, per la maggior parte delle sue caratteristiche fisiologiche, alLactobacillus brevis, che deve ritenersi il principale se non l’esclusivo agentedell’acidificazione. Pare che tra le due specie esistano rapporti di complementarità o, comunque, di non competitività nutrizionale.
Al momento della “girata”, ossia subito dopo l’aggiunta della farina e dell’acqua, sono risultati sempre presenti anche due tipi di coliformi, che però nel corso della lievitazione rimangono costantemente a livelli numerici bassi, nell’ordine di 100-1000 microrganismi per grammo di pasta; essi sono stati identificati appartenenti ai generi Enterobacter e Citrobacter. Inoltre, mentre i lieviti sono presenti a valori che stanno tra le decine e le centinaia di milioni, con punte massime nelle prime ore, i lattici sono presenti in numero più elevato, con punte superiori al miliardo e con massimi sfasati nei confronti dei lieviti che appaiono più rapidi nella crescita. IlPh, che nella “madre” è inferiore a 4, in seguito all’impasto con acqua e farina risale intorno a 5, per ritornare nuovamente a valori intorno al 4 nel corso della lievitazione fermentativa.
OSSERVAZIONI E APPUNTI SUL LIEVITO
  • L’acqua che viene utilizzata per impastare il lievito non deve superare la temperatura di 24°C. Una maggiore temperatura favorisce lievitazioni parassitarie e nocive all’ottima diastasi del lievito.
  • Il lievito che si usa nel primo impasto deve essere stato rinforzato almeno tre volte dopo l’operazione di lavaggio o di purificazione.
  • La purificazione o lavaggio dei lieviti madre o di origine dovrebbe essere effettuata una volta al giorno, nel seguente modo: il lievito deve essere a fette sottili, poi lo si mette in un bagno di acqua fresca (20°C) addolcita con 1 gr. di zucchero per litro. Questo zucchero dona ossigeno all’acqua e la pone in grado di fornirlo a sua volta al lievito, che svilupperà anidride carbonica. Il lievito deve stare in bagno, in acqua fresca e zuccherata, non meno di 15 minutionde permettere che la materia idrocarbonata (simile alla gomma), la resina amara e le sostanze grasse si depongano. Comunque non deve rimanere in bagno più di 20 minuti, per impedire che anche i globuli del lievito si depositino e non si sciolga l’amido solubile.
  • Il lievito, prima di essere tolto dal bagno, va leggermente spremuto con le mani in modo da facilitare l’ulteriore separazione dalle impurità. La prima operazione di rafforzamento del lievito, detta anche prima operazione di riporto, che avviene quando si toglie il lievito d’origine dall’acqua fresca zuccherata, si esegue impastando il lievito con una volta e mezza di farina. La seconda, la terza e le successive operazioni di riporto, si ottengono impastando il lievito con un decimo in più di farina rispetto al peso del lievito.
  • La seconda, la terza e le eventuali successive operazioni di riporto devono essere effettuate quando il lievito si trova a giusta maturazione; se, per caso, questo dovesse passare la giusta maturazione, non si deve rinforzare con una nuova operazione di riporto (sia pur con maggior farina), ma si deve riprocedere al lavaggio ed alla purificazione in acqua fredda e zuccherata. In seguito deve essere rinforzato almeno tre volte prima di essere utilizzato nel primo impasto.
  • E’ buona norma accertarsi, almeno una volta al giorno, che l’interno del pastello del lievito si trovi entro certi limiti di temperatura prescritta, e cioè dai 25 ai 35°. Per essere sicuri di una perfetta lievitazione della pasta, bisogna che il primo impasto impieghi 10 o 12 ore per giungere alla giusta maturazione. Tale durata deve essere ottenuta mantenendo il primo impasto ben aerato a una temperatura di 25-28°C.
  • Durante la lievitazione del secondo impasto, la temperatura della camera calda non deve superare i 30°C. Data l’importanza di questo momento nel processo della lievitazione, mi pare opportuno soffermarmi su alcuni concetti, in parte già espressi; d’altronde…”repetita iuvant” dicevano i latini!
Dunque, lo zucchero è elemento nutritivo del lievito. Nella farina preesistono zuccheri che, nel loro insieme, corrispondono a 1/5 del peso della farina e sono del tipo mono e di-saccaridi.Nella fase di fermentazione, gran parte dei grani di amido della farina sufficientemente diastasica, vengono trasformati dal lievito in zuccheri maltosi, per mezzo dell’alfa-beta amilasi. Questi zuccheri (maltosi) vengono ulteriormente trasformati in glucosio per mezzo dellamaltesiun enzima del lievito. Vi sono poi gli zuccheri aggiunti, quelli per noi più importanti, vista anche la loro quantità e portata, ad esempio il saccarosio.
A questo proposito bisogna sapere che il lievito, cellula viventesi nutre di quegli zuccheri la cui molecola è abbastanza piccola da passare attraverso la membrana della cellula-lievito. Gli zuccheri con membrana piccola (monosaccaridi: destrosiofruttosiolevulosio) vengono assimilati direttamente con l’aiuto di enzimi che si trovano all’esterno dei lieviti, mentre i disaccaridi, che non sono direttamente fermentabili perché il loro diametro-molecola è troppo grosso per passare attraverso la membrana del lievito-cellula (ad esempio lozucchero-saccarosio), devono essere prima idrolizzati, cioè scomposti in fruttosio eglucosio all’esterno della cellula del lievito, per mezzo di un altro enzima chiamato invertasi. Di questi saccaridi, il maltosio fa eccezione perché riesce ad entrare direttamente nella cellulasenza essere modificato prima; verrà comunque modificato in seguito, trasformandosi indestrosio. Gli zuccheri presenti nel lievito sono dunque il fruttosio e il destrosio, trasformati poi in gas carbonico e alcool, per mezzo di un altro gruppo di enzimi detti zimasi.
Gli zuccheri aggiunti sono quindi di grandissima importanza; non bisogna però esagerare nelle fasi di aggiunta in quanto troppo zucchero rallenta la fermentazione quando, addirittura, non la blocca. Come il sale, infatti, dissolvendosi nell’acqua aggiunta all’impasto, lo zucchero ne aumenta la pressione osmotica. Pertanto, qualora si volesse aumentare l’aggiunta dello zucchero, si potrebbe diminuire il peso del sale. Si calcola infatti che, diminuendo 2 grammi di sale, si potrebbero teoricamente aggiungere dagli 80 ai 100 grammi di zucchero. Non va scordato che quest’ultimo, nell’impasto, si comporta come un liquido: aggiungendone troppo, la pasta incomincia ad ammorbidirsi e a perdere poi, progressivamente, la sua consistenza.
Il sapore dolce è dovuto alla presenza del fruttosio, che ha una dolcezza quasi doppia del saccarosio di cui è, comunque, una trasformazione.

 IMPORTANZA DELLA COTTURA IN RELAZIONE ALLO SVILUPPO

E’ evidente che una pasta lievitata e ben sviluppata offra una gradevole sensazione di sofficità efriabilità insieme ad una bella colorazione. Più sviluppato è un prodotto, più aperti sono i suoi pori dai quali esce una maggior quantità di vapore e, poiché esso non supera mai la temperatura di 105°C., funge da coibente impedendo al calore del forno di agire troppo velocemente.
Di conseguenza, un prodotto meno sviluppato lascia uscire una minor quantità di vapore e tende a colorirsi più velocemente, rimanendo crudo al centro. Invece, uno sviluppo regolare conferirà al dolce in pasta lievitata una bella struttura e una bontà indescrivibile.
In particolare, durante la cottura, a 30°C.: espansione dei gas, produzione di enzimi, zuccheri.                    All’inizio della cottura i lieviti lavorano intensamente, producendo la cosiddetta spinta iniziale o da forno.
– 45-50°C.: morte dei saccaromiceti, formazione del gas carbonico e dell’alveolatura del prodotto.
–  50-60°C.: forte attività enzimatica, salvificazione degli amidi.
– 60-80°C.: completamento della gelificazione, coagulazione del glutine e cessazione dell’attività
enzimatica.
– 100°C.: formazione e completamento dello sviluppo, vapore acqueo.
– 110-130°C.: formazione delle destrine (crosta), caramellizzazione dei prodotti croccanti aromatici.
– 130-186°C.: caramellizzazione a chiazze scure.
– 200°C.: carbonizzazione!
Il calore, in fase di cottura, nei prodotti  lievitati, penetra  a una temperatura variabile 1 a 2 °C. al minuto, dopo avere raggiunto i 60 °C e a secondo del volume del prodotto.La pasta è un cattivo conduttore di calore, a causa della sua composizione ricca di umidità e di prodotti isolanti, quali i grassi.
La scelta della temperatura e del tempo di cottura sono fondamentali per ottenere un prodotto che corrisponda alla qualità selettiva del dolce lievitato.
E, infine, la cottura determina al 50% la buona riuscita organolettica di un prodotto.

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